Qualora l’Amministrazione finanziaria disconosca la deducibilità di costi, il contribuente deve provare l’inerenza, altrimenti è legittima la ripresa a tassazione. È quanto emerge dalla sentenza n. 27777 pubblicata il 22 novembre 2017 dalla Sezione Tributaria della Corte di cassazione.
Rigettando il ricorso depositato da una società di capitali, la Suprema Corte ha definitivamente stabilito la legittimità di avvisi di accertamento per Irpeg, Iva e Irap, relativi agli anni 2003 e 2004, tesi a recuperare costi dedotti ritenuti non adeguatamente documentati e non inerenti e le corrispondenti detrazioni Iva.
La Commissione Tributaria Regionale del Veneto, nel confermare la decisione del Primo Giudice favorevole all’Agenzia delle Entrate, ha dedotto la fondatezza dei recuperi, fra l’altro, dalla mancata definizione di un’attività di consulenza asseritamente prestata e dall’estrema genericità delle fatture emesse.
Il ricorso conseguentemente proposto dalla contribuente è apparso infondato.
I Giudici di legittimità hanno spiegato che, secondo orientamento consolidato, sia in tema di imposizione diretta sia in tema di Iva, la fattura costituisce elemento probatorio in favore dell’impresa solo se redatta in conformità ai requisiti di forma e di contenuto prescritti dall’art. 21 del d.P.R. n. 633 del 1972 e idonea a rivelare compiutamente natura, qualità e quantità delle prestazioni attestate (Cass. nn. 21980/2015, 21446/2014 e 24426/2013).
Inoltre, sia ai fini della deduzione dei costi in tema di imposte dirette sia ai fini dell’Iva, incombe sul contribuente l’onere di provare l’inerenza del bene o del servizio acquistato all’attività imprenditoriale, intesa come strumentalità del bene o del servizio all’esercizio dell’attività medesima (Cass. nn. 13300/2017, 18475/2016, 21184/2014).
Cass. n. 13300/17 citata sopra precisamente ha stabilito che, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, spetta al contribuente l’onere della prova dell’esistenza, dell’inerenza e, ove contestata dall’Amministrazione finanziaria, della coerenza economica dei costi deducibili. A tal fine non è sufficiente che la spesa sia stata contabilizzata dall’imprenditore, occorrendo anche che esista una documentazione di supporto da cui ricavare, oltre che l’importo, la ragione e la coerenza economica della stessa, risultando legittima, in difetto, la negazione della deducibilità di un costo sproporzionato ai ricavi o all’oggetto dell’impresa.
Ebbene, la sentenza impugnata è conforme a questi principi.
In proposito gli Ermellini osservano che “il giudice a quo ha ritenuto la legittimità degli accertamenti impugnati per difetto di prova dell’inerenza delle prestazioni oggetto della deduzione ai fini dell’imposizione diretta e della detrazione Iva, con accertamento di fatto rispondente ai canoni interpretativi sopra riportati e, in quanto coerentemente motivato in relazione a plurime concludenti circostanze, insindacabile in questa sede.”